I napoletani ci credono e pensano che il 2011 sia per loro l’anno del riscatto. L’emergenza rifiuti ha raggiunto il suo apice e da un anno, ininterrottamente, le strade sono piene di cumuli di immondizia. Non si respira aria buona, il pericolo di infezioni è dietro l’angolo, è una situazione insostenibile, e stavolta non solo nelle periferie. L’Amministrazione comunale non riesce a garantire neanche l’ordinario ed è ormai paralizzata da una situazione politica precaria. Il sindaco Rosa Russo Iervolino non ha i numeri per governare, ci riesce solo grazie all’incapacità e all’attaccamento alla poltrona dei suoi avversari. Il consiglio comunale va puntualmente deserto, i provvedimenti non si approvano e, in più, in cassa non c’è più un euro.
Non c’è più chi pota i giardini, non si riparano le buche, non si pagano le cooperative sociali. La città è in ginocchio, ma nessuno può e sa farci nulla. Il decennio del governo di Rosetta sta per tramontare, mai nessun sindaco nella storia della Repubblica era rimasto tanto a Palazzo San Giacomo. Le ragioni restano un vero mistero. Un fatto è certo: l’abilità politica dell’ex ministro dell’Interno e dell’Istruzione è indiscutibile, il basso profilo dell’opposizione pure. Tant’è che non riesce neanche l’ultimo e unico vero tentativo di “golpe”, le dimissioni di massa della maggioranza del Consiglio. Alcune firme non sono valide. Quando il Prefetto le rispedisce al mittente, qualcuno pensa bene di fare un passo indietro: “Non firmo più”. Rosetta la spunta ancora. È uscita indenne da inchieste giudiziarie che le hanno portato in carcere mezza Giunta, la figuraccia di Pdl e compagnia bella sono per lei solo un’altra medaglia.
I cittadini sono stanchi di queste dinamiche di Palazzo, vogliono una città che funzioni e non vedono l’ora di andare alle urne per dare una svolta, per decidere del loro futuro. Il primo banco di prova sono le elezioni primarie del centrosinistra. Sel tenta il colpaccio candidando l’ex magistrato Libero Mancuso, sarà un flop. Il Pd punta tutto su Umberto Ranieri, anche se c’è pure Nicola Oddati. Ma la spunta Andrea Cozzolino, eurodeputato, delfino di don Antonio Bassolino, che si autocandida, spiazzando tutti, e vince. Scoppia lo scandalo, su quelle elezioni simboliche piovono accuse di brogli, ci mette mano anche la Procura. Alla fine non se ne fa nulla, viene tutto annullato. È l’inizio della fine per il Pd. Siamo alle elezioni, il centrosinistra non riesce a trovare la quadra su un nome che accontenti tutti. La candidatura di Luigi de Magistris non viene accolta bene. L’ex pm decide di correre da solo, appoggiato solo da Idv, Federazione della sinistra e la sua lista “Napoli è tua”. Alla fine Pd e Sel appoggiano Mario Morcone, nome imposto da Roma. Mentre il Pdl ripiega su un candidato pescato dalla società civile: l’ex presidente degli industriali Gianni Lettieri. I pretendenti alla poltrona di sindaco sono, in tutto, sette.
Tutti si aspettano un ballottaggio tra Morcone e Lettieri, nessuno scommette un euro su De Magistris. Lui tiene comizi nelle piazze, senza palco: microfono e amplificatore. Parla alla gente, entra nelle case. Sa comunicare meglio di tutti. È migliore, tecnicamente, la sua propaganda, più adeguato l’utilizzo dei socialnetwork, più interessante il suo messaggio: «La città è nostra, riprendiamocela». Gli altri non riescono a convincere. Il Pd napoletano, ancora commissariato, esce da anni di fallimenti e malgoverno, le primarie sono solo l’ultima batosta che ne segnano la sconfitta totale (conquisterà solo 4 consiglieri). Il Pdl è annichilito sulle vicende giudiziarie dell’ex premier Silvio Berlusconi e del coordinatore regionale Nicola Cosentino. Lettieri ha difficoltà a smarcarsi e De Magistris colpisce duro. Si va al ballottaggio. Morcone è fuori, la sfida è tra l’ex pm e l’imprenditore. Ma l’onda arancione travolge il centrodestra. L’ex magistrato raccoglie voti da tutti gli schieramenti e supera il 65% delle preferenze. Festeggia in piazza con una bandana arancione, il colore del suo movimento, è l’icona del trionfo. A caldo commenta: «Abbiamo scassato, Napoli è stata liberata». Dice che è una vittoria dei cittadini, una vera e propria rivoluzione. È vero. Ma ora bisogna vedere se alla rivolta pacifica dei napoletani contro la partitocrazia, gli sprechi e la cattiva amministrazione corrisponda una politica reale dei fatti. Il sindaco riesce a togliere i rifiuti dalle strade, senza contare su interventi straordinari dello Stato, e questa è già un’impresa. Manda a casa 120 dirigenti esterni. Comincia a realizzare una grandissima Ztl che racchiude tutto il centro antico della città. Porta a Napoli l’America’s Cup World Series. Fa diventare l’acqua pubblica, rispondendo immediatamente alla volontà referendaria. Ma fa tanti annunci, troppi. Il suo entusiasmo è accompagnato da una logorrea che finisce per accrescere le attese e per danneggiarlo di fronte ai fallimenti e ai tagli dei trasferimenti dallo Stato. Le promesse sono tante: da Obama a Napoli a Natale fino all’80% della differenziata entro la fine dell’anno. Per ora siamo al 21,7% di rifiuti riciclati, meno di un punto percentuale in più di quanto fece la Iervolino nel suo momento migliore, un risultato scarso che non ha giustificazioni. Sono passati già sei mesi. I napoletani, presto, chiederanno il conto.