Edenlandia e Zoo, bando entro fine mese

Entro fine mese partirà il bando internazionale per la nuova Edenlandia. Quasi tutti i dettagli sono definiti. Una volta lanciata la gara d’appalto ci saranno 45 giorni per presentare le offerte. Questo significa che, se tutto fila liscio, entro giugno si dovrebbe aprire la nuova era del primo parco giochi del Mezzogiorno. La speranza è che si faccia avanti un investitore internazionale. Già nei mesi scorsi qualcuno ha manifestato il proprio interesse per il Parco. Il limite, fino ad ora, è stato rappresentato da incertezze contrattuali, amministrative e vincoli paesaggistici che hanno caratterizzato l’amministrazione della struttura fino al fallimento della società “Parks and Plaisure” di Cesare Falchero. Ma, soprattutto, dal contesto. Napoli è la città dove nessuno compra i suoli di Bagnoli e dove per l’appalto di una manifestazione internazionale della Coppa America si presentano solo tre società.
Stavolta, però, c’è un vantaggio. A stabilire le regole non sono le amministrazioni pubbliche locali, ma il tribunale fallimentare e, in particolare, il curatore Salvatore Lauria: un tecnico. Commercialista, consulente aziendale, ha fino ad ora gestito una struttura allo sfascio razionalizzando le spese e riuscendo a garantire, nonostante tutto, gli stipendi ai lavoratori e la sopravvivenza degli animali.
Il bando. Il primo passaggio per definire i termini del bando è la certezza sul contratto di affitto dei suoli, di proprietà della Mostra d’Oltremare che è stato chiuso: circa 800mila euro all’anno per 20 anni (rispetto al milione di euro attuale). Senza questa certezza, difficilmente un investitore punterebbe sul Parco. Il secondo punto che è stato definito è che lo zoo non se ne andrà: il vincitore dell’appalto dovrà realizzare un grande parco giochi, nel quale dovrà essere integrata un’area destinata agli animali e al verde che dovrà essere messa a norma (quella attuale non lo è). Insomma, dei 128mila metri quadrati attuali, circa la metà sarà destinata allo Zoo (attualmente 80mila metri sono occupati dallo Zoo, 28mila dall’Edenlandia e 20mila dal Cinodromo). L’area dei giochi triplicherebbe, comunque, la propria superficie. Le strutture vincolate, come le “M” di Mussolini che sono all’ingresso del parco, dovranno essere restaurate. Nel bando sono inseriti, inoltre, dei parametri per le società che presenteranno le loro proposte: fatturato ed esperienza nel settore i parametri fondamentali.
Nuove giostre e pulizia. Ma per migliorare l’appeal del parco il curatore fallimentare ha disposto l’installazione di cinque nuove giostre nell’Edenlandia, che è l’unica struttura che produce fatturato (gli incassi dello zoo sono ridicoli rispetto ad una spesa di gestione che supera i 50mila euro al mese). Inoltre, è stata fatta una pulizia nello Zoo, grazie all’intervento di una task force dell’Asìa. Operazione che non veniva effettuata da svariati anni.
Emergenza finanziaria. Tuttavia, c’è un’emergenza economica seria che deve essere tamponata in qualche modo, vista l’esiguità degli incassi. Per questo è intervenuto direttamente il Comune. Con una determina firmata dal capo di gabinetto Attilio Auricchio è stato disposto il trasferimento di 80mila euro per la “salvaguardia” degli animali che “versano in precarie condizioni di salute”. In realtà, si tratta solo del primo investimento, al quale ne seguiranno altri nei prossimi giorni. L’obiettivo è quello di presentare una struttura dignitosa ai futuri investitori, se ce ne saranno.

pubblicato su il Giornale di Napoli del 10 marzo 2012

Forum delle culture, gestione alla NapoliServizi

La prima riunione operativa sul futuro della governance del Forum delle Culture è finita con una sola decisione, quella di confermare l’attuale comitato scientifico. È stata esclusa anche l’ipotesi di nominare il vicecapo di gabinetto del sindaco Sergio Marotta, presidente della Fondazione. Tutto è stato rinviato alla settimana prossima. Sul tavolo ci sono, ora, tre ipotesi strutturali sulle quali lavoreranno in questi sette giorni i capi di gabinetto di Comune e Regione, Attilio Auricchio e Danilo Del Gaizo. Si tratta di una decisione tecnica che dovrà definire la struttura più snella ed efficiente per la gestione dei fondi e la realizzazione dell’evento e, soprattutto, l’ipotesi che avrà l’impatto economico meno traumatico. L’altra variabile fondamentale da prendere in considerazione è il tempo: bisogna fare in fretta, bisogna essere operativi al più presto possibile. La Fundació di Barcellona ha gli occhi puntati su Napoli, la settimana prossima i vertici saranno di nuovo qui per esaminare i progressi. Se salta tutto, sarà un fallimento anche per l’organizzazione spagnola che ha deciso di puntare sulla città partenopea. Tre le ipotesi al vaglio dei tecnici: ristrutturare la Fondazione, creare una unità autonoma di progetto all’interno del Comune (una società di scopo), passare la gestione dell’evento ad una società in house dell’Amministrazione comunale (e l’unica Partecipata che rispecchia tutti i requisiti richiesti è la NapoliSociale). Sulla Fondazione il giudizio del sindaco Luigi de Magistris è stato netto ed estremamente negativo. Tra l’altro, la ristrutturazione comporterebbe il ripianamento dei debiti da parte di Regione e Comune, una modifica dello Statuto, le nomine di un nuovo Consiglio di amministrazione e un nuovo direttore generale. Tempi troppo lunghi. L’unico aspetto positivo legato a questa struttura è la possibilità di gestire direttamente le risorse europee messe a disposizione dalla Regione. Per quanto riguarda la creazione di una unità autonoma di progetto all’interno del Comune, gli aspetti positivi sono legati all’organizzazione della società, che rispecchierebbe i criteri di leggerezza ed efficienza richiesti; gli ostacoli sono rappresentati, invece, dalla possibilità di utilizzare direttamente i finanziamenti. E l’ipotesi per superare questo ostacolo è, appunto, quella di utilizzare una società in house del Comune. È questa per ora la soluzione strumentale più accreditata. In questo modo Palazzo San Giacomo potrà gestire direttamente l’evento. Chiaramente per alcuni servizi bisognerà fare riferimento a professionalità esterne (cosa che, comunque, veniva già fatta con la Fondazione). Per la gestione degli eventi resta l’ipotesi avanzata dal sindaco, il Comune si occupa di quello che viene realizzato a Napoli (l’80% delle manifestazioni), la Regione del resto. Insomma, in pochi giorni si dovrà fare, bene, quello che è stato fatto, male, in più di 4 anni: creare una governance. Da quando Napoli si è aggiudicata l’evento nel 2007, infatti, non è stato fatto altro, visto che la Fondazione è stata creata nel giugno 2010, perfezionata nell’ottobre dello stesso anno e modificata l’anno successivo. Mesi preziosi si sono perduti, poi, tra il siluramento del vecchio presidente Nicola Oddati, le dimissioni di Roberto Vecchioni a cui sono seguite altre defezioni a catena. Un vero disastro. Ora serve il rimedio. L’aspetto positivo è rappresentato dall’intesa ritrovata tra il sindaco e il governatore Stefano Caldoro.

pubblicato su il Giornale di Napoli del 28 febbraio 2012

Coppa America, show a 50 metri dalla costa

Meno di 50 giorni all’America’s Cup World Series e il sito ufficiale dell’organizzazione si ricorda che la prima tappa delle regate è a Napoli. Sul sito c’è la mappa del campo di regata che si preannuncia spettacolare. Le boe, infatti, saranno piazzate a pochi metri dal lungomare. I velocissimi catamarani vireranno, in alcuni punti, ad appena 50 metri dalla costa. Le imbarcazioni sono velocissime, riescono a raggiungere i 30 nodi (circa 60 chilometri orari, in mare è tantissimo). Insomma, lo spettacolo è garantito e sarà ben visibile da moltissimi punti della città (nel periodo delle regate gli aliscafi saranno spostati da Mergellina al Molo Beverello).
In realtà, il team dell’organizzazione, dopo la bocciatura di Bagnoli, aveva molti dubbi sulla reale possibilità di gareggiare nella città partenopea. Dubbi dissolti solo quando è stata messa mano ai cantieri. Per questo solo adesso spunta sul sito dell’Acea il secondo post su Napoli, dall’assegnazione ufficiale delle due tappe del 2012 e del 2013: “Napoli si prepara” è il titolo. «Già da una settimana, a Napoli sono iniziati i lavori di adattamento delle infrastrutture in vista del primo evento dell’America’s Cup World Series, in programma nella città partenopea a partire dal 7 aprile – scrivono gli americani -. L’obiettivo principale è quello di allungare il molo frangiflutti davanti al centro città, in modo da permettere ai team di varare in sicurezza e in acque protette i loro Ac45».
«La città si è lasciata ogni peso alle spalle e si sta dando un gran da fare per portare a termine nei tempi previsti i lavori necessari. Il progetto più importante, relativo all’allungamento del molo frangiflutti, è appena partito – ha spiegato Peter Ansell, direttore delle operazioni a terra dell’America’s Cup Race Management – Si tratta di un grande progetto da portare a termine in un lasso di tempo limitato: è per questo che è incoraggiante vedere i lavori progredire di giorno in giorno».
«La città ha finalmente abbracciato l’idea di ospitare la Coppa America e non vede l’ora che siano i team a diventare leader indiscussi della scena – ha spiegato il sindaco, Luigi de Magistris – L’America’s Cup è l’occasione che Napoli aspettava da tempo per rilanciare la sua immagine internazionale. Sono partiti i cantieri che realizzeranno i lavori necessari ad ospitare le regate nella meravigliosa cornice del lungo mare di via Caracciolo. La città si sta preparando al meglio all’evento: c’è grande entusiasmo e la voglia di partecipazione è palpabile. Sono certo che questa kermesse non rappresenterà solo una manifestazione sportiva, ma sarà anche un volano per uno sviluppo concreto, dal turismo all’occupazione, e per dare visibilità allo scenario, già eccezionale, del lungo mare di via Caracciolo. Sarà l’occasione con cui tutti noi potremmo godere a pieno delle bellezze del mare, della spiaggia e del paesaggio che, insieme a tutta la città, saranno i protagonisti dell’appuntamento».
Ma a sentire le parole del leader dell’opposizione in consiglio comunale non è proprio così: «I grandi eventi servono per una città, ma in questo periodo economico difficile, il calcolo “costi-benefici” deve essere chiaro e ponderato. Mi chiedo se per la tappa di Coppa America sia stato fatto», afferma Gianni Lettieri. L’ex candidato sindaco ha precisato di aver mal digerito la decisione di Mario Monti, di non sostenere la candidatura di Roma ad ospitare le Olimpiadi del 2020, ma di aver apprezzato la chiarezza della valutazione “costi-benefici”. «Sono uno che sa bene come si creano posti di lavoro – ha detto Lettieri – l’evento velico non consente tutto questo, ci saranno realizzazioni di opere non permanenti e gli americani torneranno a casa con 10 milioni di euro nostri».
In realtà, le città fanno a gara per ospitare una tappa della regata più famosa del mondo. Venezia, che non ha certamente bisogno di incentivi per promuoversi, ha deciso di puntare su questo evento. E solo ieri, a tre mesi dalle regate, si è deciso che il campo di gara sarà lo specchio d’acqua davanti al lido.
Dei progetti napoletani si discuterà, intanto, in consiglio comunale. La data della seduta, inizialmente fissata il 22 febbraio, è stata anticipata al giorno prima perché il sindaco Luigi de Magistris mercoledì dovrà essere presente al processo sull’inchiesta “Why Not”. Oggi se ne parla in commissione Ambiente con il capo di gabinetto Attilio Auricchio.

Ztl, emergenza pass: buco da 270mila euro

 

 

Va a rilento la distribuzione dei permessi per la Ztl. Fino ad ora ne sono stati distribuiti solo 600, le domande effettuate sono, invece, 2010. La previsione del Comune di distribuirne 10.340 nel 2012, per ora è completamente disattesa. Insomma, dall’apertura dell’ufficio (27 dicembre 2011) è solo lo 0,6% dei tagliandi previsti è nelle mani dei napoletani.

In particolare procede a rilento l’analisi della documentazione presentata da residenti e aventi diritto. Troppe carte, poca informazione sulla compilazione, poca informazione, in generale, su tutto il sistema della Zona a traffico limitato. Se, infatti, nelle altre città italiane sono anni che i centri storici sono chiusi alle auto, a Napoli è la prima volta che si affrontano difficoltà del genere. Il progetto è ambizioso perché l’area chiusa alle auto senza permessi è di 120 ettari.

I permessi distribuiti. Delle 2.010 richieste arrivate agli uffici gestiti dalla Napolipark, 1.200 sono di residenti, 600 sono di commercianti, sia interni sia esterni, e circa 200 i domiciliati ma non residenti. Poi ci sono circa 200 richieste che vengono da soggetti esterni alla Ztl: medici, preti, giornalisti, militari e così via. Palazzo San Giacomo sta studiando come far crescere questi numeri, poiché nel bilancio di previsione c’è già una quota di 600mila euro prevista per i permessi. Soldi che servono, in sostanza, a pagare la Napolipark per la gestione del servizio.

 Quanto costa il servizio. Basti pensare che il Comune versa nelle casse della partecipata 11,80 euro a permesso, e la maggior parte dei permessi viene pagata 10 euro dall’utenza. La perdita dovrebbe essere compensata dai pass per le categorie che pagano di più. Il Comune, tuttavia, ha già stanziato per la Napolipark 119mila euro circa per la gestione del servizio (il calcolo è stato effettuato sul numero totale dei permessi), più 150mila euro per l’installazione dei nuovi varchi. L’incasso previsto è di circa 600mila euro, soldi che dovrebbero compensare tutte le spese e lasciare un po’ di liquidità in cassa. Ma per ora negli uffici di piazza Dante sono arrivati solo 8mila euro circa.

Distribuzione a rilento. In realtà, la difficoltà più grande è che la documentazione deve attestare la reale residenza, il reale domicilio, di essere realmente dipendente di un’azienda. Cosa non facile in una zona dove si lavora al nero e dove si fittano case senza contratti. Insomma, i pass non vengono concessi agli abusivi, e tra le mura greche e romane c’è una città abusiva. Quando il meccanismo sarà consolidato, verranno attivati anche i varchi telematici. Le telecamere, come succede già per le corsie preferenziali, rileveranno automaticamente le targhe di chi ha il pass e segnaleranno, invece, tutti i trasgressori. Per ora una task force di vigili urbani e ausiliari del traffico limita gli accessi nella zona a traffico limitato. Chi ha il permesso deve esporlo sul parabrezza anteriore, «in modo chiaro e ben visibile dall’esterno». I pass saranno validi solo per il veicolo per i quali sono stati rilasciati. Niente trasferimenti da una macchina all’altra, pena la multa. La carta di circolazione farà testo, come sempre. Il costo varia dai 10 euro all’anno del residente con l’utilitaria ai 50 euro per le grosse cilindrate (oltre 231 cavalli). Prezzo che si raddoppia per la seconda e la terza macchina, fino ad un massimo di 200 euro. Chi ha un abbonamento ad un garage posizionato all’interno della Ztl e non è residente pagherà al Comune 100 euro all’anno. Sono esentati dal pagamento del contrassegno i disabili, che hanno già il loro gratuitamente, i mezzi di soccorso e i mezzi pubblici.

America’s Cup, appalto su misura

Il Comune cerca una supersocietà per allestire il Villaggio della Villa Comunale per la Coppa America. Ma i criteri di assegnazione sono talmente esclusivi da sembrare cuciti su misura. Una misura extralarge. L’azienda, infatti, deve aver fatturato almeno 30 milioni all’anno tra il 2008 e il 2010 e nello stesso periodo deve aver organizzato tre megaeventi internazionali (meglio se sportivi). In Italia società del genere sono più uniche che rare. La più conosciuta di tutte è la Jumbo Grandi Eventi, che, in realtà, ha numeri ben più grandi e che ha nel curriculum Olimpiadi, Campionati mondiali di Calcio, la stessa Coppa America di Vela (quella disputata a Valencia), il G8 dell’Aquila. Un vero colosso per i tre milioni di euro previsti per l’appalto. Chiaramente non è assolutamente detto che la Jumbo parteciperà alla gara, né che vincerà una società italiana. È certo che si tratterà di una grandissima azienda per un evento altrettanto importante. La megasocietà dovrà occuparsi di tre aspetti: allestimento dell’area multifunzionale denominata “Public Event Village”, realizzazione del programma di intrattenimento, realizzazione del piano di comunicazione nazionale per la promozione dell’evento sportivo.
Sul sito del Comune è apparso un avviso che invita le società, che abbiamo i pochi ma esclusivissimi requisiti indicati, ad inviare la propria proposta entro le 12 di sabato. Le domande dovranno essere consegnare rigorosamente a mano. Non ci sarà un bando perché l’assegnazione avverrà attraverso la cosiddetta procedura negozianta (un meccanismo straordinario previsto dall’articolo 57 del codice degli appalti).

pubblicato su il Giornale di Napoli del 14 febbraio 2012

Fitti passivi, il Comune vuole lasciare 100 immobili

Il Comune spreca ogni anno 7,7 milioni di euro per affittare 108 immobili di cui potrebbe fare anche a meno. Biblioteche, sedi di rappresentanza, uffici, scuole, magazzini, alcuni dei quali locati con prezzi che vanno oltre le quote di mercato. È la voragine dei cosiddetti fitti passivi, cui hanno messo mano gli assessori Bernardino Tuccillo (Patrimonio), Riccardo Realfonzo (Bilancio) e Giuseppe Narducci (Legalità). La giunta, infatti, ha approvato una delibera con cui si prevede la dismissione di tutte le strutture per le quali il Comune deve pagare e la razionalizzazione e la riorganizzazione di quelle che sono di proprietà dell’Amministrazione.
Già dal proprio insediamento Tuccillo aveva sollevato il problema, affrontando subito lo scandalo delle strutture concesse ai partiti politici per le quali non erano mai stati corrisposti gli affitti.
L’obiettivo è quello di azzerare la spesa di quasi otto milioni all’anno e non è raggiungibile nell’immediato. Ma già nel 2012 la riduzione dovrà essere sostanziale. Realfonzo, infatti, inserirà nel Bilancio di previsione una quota proveniente proprio da questi tagli. La delibera stabilisce, però, anche dove andranno a finire i soldi recuperati: nella ristrutturazione degli immobili di proprietà comunale che, per carenza di fondi, non sono stati ancora restaurati: 7,7 milioni sono abbastanza per garantire restyling e manutenzione di un centinaio di immobili. Gli assessori lo dicono chiaramente: fino ad ora è mancata totalmente una politica che limitasse lo spreco di risorse economiche. Per questo è necessario ripensare tutto, a partire dall’organizzazione degli uffici comunali: accorpando servizi e funzioni.
BANCA DATI.  Il primo passo per realizzare questo progetto sarà quello di realizzare una banca dati di tutti gli immobili per i quali si pagano fitti con le relative funzioni. Nel data base saranno segnalate, chiaramente, eventuali criticità: come quella di strutture inutilizzate e sottoutilizzate. Una volta censiti gli edifici di cui liberarsi, si dovranno individuare le strutture esistenti in grando di ospitare i servizi di quelle dismesse. Si punterà, soprattutto, sul patrimonio esistente. Per il recupero non è escluso l’utilizzo di finanziamenti privati. Tra le risorse da prendere in considerazione ci sono anche i ruderi e quelle di proprietà demaniale.
INTERVENTI SUL PATRIMONIO.  Oltre ad azzerare i fitti passivi, l’obiettivo è anche quello di mettere a reddito il patrimonio. Per questo nella delibera di indirizzo vengono indicati alcune strategia. La prima è quella di individuare alcune strutture che possano essere utilizzate come sedi di dibattiti, convegni ed eventi. Insomma, dei mini-poli fieristici per incrementare le entrate. Il secondo punto riguarda l’analisi degli attuali fitti attivi, soprattutto per quanto riguarda gli immobili di pregio (Circolo del Tennis, Circolo Posillipo e così via). Tuccillo ha più volte evidenziato l’esigenza di adeguare gli attuali canoni, troppo bassi rispetto ai prezzi di mercato, anche per i contratti che non sono in scadenza. Sarà inoltre fatta una ricognizione di tutte quelle strutture concesse in comodato d’uso gratuito ad associazioni, ad enti e a tutte le organizzazioni che sono esterne all’Amministrazione comunale.

Coppa America, la neve ferma i tir con gli scogli

Cinquantaquattro giorni, è il tempo che manca alle regate per la Coppa America a Napoli. Il countdown scorre impietoso. I tempi sono strettissimi. Ma il maltempo frena i lavori per l’allungamento della scogliera della Rotonda Diaz. La pioggia ha rallentanto alcune operazioni. Ieri i sommozzatori hanno continuato i lavori per allestire la base sulla quale verrà allestita la pista in acqua per i camion che trasporteranno i massi. Non hanno potuto terminare l’operazione, ma fin qui nulla di grave. Il problema più serio lo ha creato la neve. Proprio così. Gli automezzi, infatti, dovranno arrivare da Cassino, dove sono state individuate la cave per la fornitura dei materiali. Ma il prefetto di Latina ha bloccato la circolazione dei mezzi pesanti fino a martedì. Difficile immaginare una deroga per i lavori dell’America’s Cup. Se tutto va bene, si dovrà attendere mercoledì per la posa degli scogli. Tuttavia, tecnici e operai lavoreranno anche oggi, e sempre sotto la supervisione del responsabile per la sicurezza Giancarlo Battista, incaricato dal Provveditorato per le opere pubbliche di vigilare sul corretto andamento dei lavori e sul rispetto di tutte le norme per la sicurezza. Tutto dovrà essere pronto per il 23 marzo, quando gli americani prenderanno possesso della Rotonda Diaz, dove sarà allestita la cosiddetta Area tecnica.
Intanto, nella settimana che comincia domani ci dovrebbe essere anche l’ok definitivo della Sovrintendenza per i lavori in Villa Comunale, il cui progetto è già stato licenziato venerdì dalla Commissione edilizia integrata del Comune di Napoli. Nell’area della passeggiata ottocentesca, infatti, dovrà essere allestito il villaggio aperto al pubblico dell’America’s Cup World Series. In fondo, si tratta di allestire degli stand che comprenderanno aree per i dibattiti, aree commerciali, punti di ristoro e uno spazio per le premiazioni che comprenderà anche la Cassa Armonia, unico elemento sul quale sarà effettuato un restyling. Si interverrà con una vera e propria task force sui giardini, che cambieranno completamente aspetto.

America’s Cup, ok al piano della Villa. Parte la fase due

Il maltempo rallenta i lavori per la Coppa America. Ieri i sommozzatori hanno effettuato dei rilievi per completare l’allestimento del cantiere, ma hanno dovuto sospendere le operazioni. Si deve realizzare la base sulla quale riporre i massi per l’allungamento della scogliera della Rotonda Diaz ed effettuare delle analisi. Si tratta di operazioni preliminari importanti per la certificazione del reale stato dei luoghi. Ma la pioggia non ha dato tregua. Il ritardo si ripercuoterà, chiaramente, sull’inizio dei lavori veri e propri. L’arrivo dei camion, previsto tra oggi e domani, infatti, slitterà alla prossima settimana. Si accorcia ulteriormente il tempo, già breve, per completare l’opera. L’architteto Giancarlo Battista, responsabile per la sicurezza, vigila attentamente sul corretto svolgimento di tutti gli interventi. Non sono ammessi errori. Intanto, in Prefettura continuano gli accertamenti incrociati sulla ditta di Villa San Giovanni vincitrice dell’appalto.
Mentre i lavori a mare sono già avviati, a Palazzo San Giacomo, si è già passati alla fase due. È stato completato il progetto per la Villa Comunale che ieri è stato approvato, anche se con qualche eccezione, dalla Commissione edilizia integrata del Comune, presieduta dall’architetto Carmine Piscopo. Nonostante, non sia strettamente necessario, l’assessore all’Urbanistica Luigi De Falco ha già consegnato il fasciolo alla Sovrintendenza che dovrà dare l’ok definitivo alle opere. L’eccesso di zelo da parte dell’assessore è orientato ad eliminare qualsiasi ombra sul corretto svolgimento della manifestazione ed eventuali intoppi. Tuttavia, non ci sarà nessuna struttura invasiva. Il Villaggio dell’America’s Cup World Series aperto al pubblico occuperà tutta la parte della Villa che va dall’ingresso di piazza Vittoria fino alla Cassa Armonica. Le strutture sono composte da semplici stand. Ci sarà un’area eventi, dove saranno organizzati dibattiti e forum, dei piccoli punti di ristoro, uno spazio per le premiazioni che comprenderà anche la Cassa Armonica, che rappresenterà il podio, e delle aree “commerciali” legate agli sponsor, come il villaggio “Puma”.
Intanto ieri si è tenuta una riunione all’Autorità portuale con tra il segretario Emilio Squillante, il capo di gabinetto del Comune di Napoli, Attilio Auricchio e Massimo Luise, partner dell’Acea e titolare della società che gestisce il molo di Mergellina. Dagli americani è stato chiesto di spostare la base logistica proprio al molo Luise. Qui nei prossimi giorni dovrebbero essere collocate le prime attrezzature. La scelta è stata presa soprattutto in relazione alla sicurezza. Concentrare i materiali al varco Bausan del Porto, come si era stabilito in un primo momento, avrebbe reso necessario anche un piano per proteggere le strutture, che hanno un valore notevole. Il molo dei grandi yacht, invece, è già munito di vigilanza armata e di telecamere. Luise ha dato la propria disponibilità.

da il Giornale di Napoli dell’11 febbraio 2012

«Noi senza corpo e senza assistenza», l’odissea degli ammalati di Sla

l loro corpo è immobile, senza riflessi. La loro vita è sospesa a una macchina che gonfia i polmoni a intervalli regolari. Un sondino porta l’alimentazione direttamente nello stomaco. Non hanno voce. Gli ammalati di Sla hanno solo gli occhi, per vedere, per parlare, per scrivere, per piangere. Sono completamente dipendenti dalle cure dei loro cari, quando possono restare a casa, quando ci sono i servizi di assistenza domiciliare; e dalle macchine. Altrimenti devono vivere in un reparto di Rianimazione, dove possono ascoltare solo il rumore del loro respiratore, il ritmo esasperante del tempo vuoto che li separa dalla morte: una condizione disumana alla quale saranno condannati i 29 ammalati di Sla napoletani che sono inseriti nel programma Adoti (Assistenza ospedaliera domiciliare territoriale integrata). Dal primo marzo, infatti, i 10 medici e i 15 infermieri che si occupano del servizio si autosospenderanno, non assisteranno più gli ammalati presso le loro abitazioni. Il motivo? L’Asl Napoli 1 non paga da ben 15 mesi, nonostante la Regione abbia messo a disposizione i fondi fino al 31 dicembre del 2011. Insomma, il centro superspecializzato del Vecchio Pellegrini, di fatto, non esisterà più e i pazienti non potranno più contare sulle due visite infermieristiche settimanali e sulle due visite specialistiche mensili, oltre che su un’assistenza continua, che va ben oltre gli orari di lavoro degli operatori sanitari e che garantisce serenità e forza ai pazienti e ai loro parenti.
Un danno enorme per le famiglie, che adesso dovranno far fronte a problemi che vanno dalla fornitura dei materiali, necessari per far sopravvivere gli ammalati a casa, alle macchine ai presidi medici essenziali; fino alla gestione delle emergenze, che spesso si presentano e che solo personale adeguatamente preparato può trattare.
Un danno enorme anche per la società, per i costi che questa deficienza, tutta istituzionale e burocratica, comporta. Un posto occupato in rianimazione costa circa 1.500 euro al giorno, ed è un posto in meno per le emergenze. La cura domiciliare costa più di dieci volte in meno, e garantisce una vita migliore agli ammalati. Ma pare che questi non siano argomenti sufficienti a garantire l’esistenza di un servizio essenziale. Uno scandalo, al quale si aggiunge un altro scandalo: quello dei computer che permetterebbero agli ammalati di comunicare con il mondo. C’è stata una gara d’appalto per la fornitura di apparecchiature che, grazie ad un lettore a raggi infrarossi, permette ai pazienti di utilizzare il Pc con gli occhi: leggere, scrivere, comunicare con il mondo. Per queste persone significa semplicemente vivere. Senza non sono nulla, sono dei vegetali con un cervello vivissimo ed emozioni devastanti. Il problema è che la strumentazione informatica distribuita non è adeguata, è vecchia e inutilizzabile. Alcuni, i più fortunati, hanno provveduto da sé acquistandola, il prezzo va dai 10mila ai 20mila euro, oppure affittandola (il costo si aggira intorno ai 500 euro al mese).
Oltre ai numeri, però, ci sono le storie di chi ha avuto la sfortuna di essere colpito da questa terribile malattia, di chi l’ha saputa affrontare, di chi combatte ogni giorno.

Franca Ferretta, per poter comunicare deve spendere 500 euro al mese

Franca Ferretta, tre figli, ha insegnato a Secondigliano in una scuola di frontiera. La malattia si è presentata con un piccolo problema al piede. Progressivamente è peggiorata: ha cominciato a zoppicare, poi a camminare col bastone, poi sulla sedia a rotelle. Adesso non muove un muscolo ed è attaccata ad un respiratore. I medici pensavano si trattasse di un problema ortopedico. «Pochi sapevano cosa fosse questa malattia e come trattarla – dice il marito Bruno Coppola, ingegnere dell’Alenia – Piano piano si ferma tutto, fino a che non diventi un cervello vivo in un corpo morto. Nel 2009 Franca ha avuto un blocco respiratorio e da allora è immobilizzata. Ma da quando abbiamo preso in affitto il computer ha cominciato a vivere, quello che ci era stato fornito dall’Asl era rotto e vecchio, praticamente inutile». Bruno mostra la stanza dove vive la moglie: «È praticamente una terapia intensiva domestica, con tanto di certificazione – afferma, poi mostra tutte le attrezzature fornite dall’Adoti – Come faremmo senza quest’assistenza? Per noi sarebbe impossibile. Qui Franca può comunicare con i figli via Skype, può leggere i giornali, può parlare attraverso il computer. Non sarebbe possibile in un reparto di Rianimazione. Non capisco perché un servizio che dovrebbe essere esteso anche ad altri, viene tolto anche a quelli che ce l’hanno».
Pasquale Sannino, ingegnere, ha perso il figlio di 16 anni nel 2009 durante una lezione di vela al Circolo Canottieri Savoia, episodio di cui parlarono anche le cronache nazionali. Ogni giorno si reca al lavoro a Fiano Romano e torna la notte per stare vicino alla moglie Maria, che da due anni è immobilizzata nel letto. Maria, professoressa di matematica, ha cominciato ad avere problemi alla lingua. Ma è trascorso un anno e mezzo prima che qualcuno riuscisse a diagnosticarle la Sla. Da due anni è completamente immobile, ma, come Franca, riesce a comunicare grazie al computer «che sono stato costretto ad acquistare per 20mila euro – dice Pasquale – Per l’assistenza si alternano tre badanti. Ma solo grazie all’Adoti mia moglie ha una vita. L’assistenza degli specialisti del Pellegrini ci permette di affrontare con più serenità la malattia». Antonio Castellano, calzolaio, una figlia biologa, un’altra all’università, è stato costretto a licenziarsi per assistere la moglie Mariarosaria. Ha 4 bypass e una pensione d’invalidità. «Prima che riuscissero a diagnosticarle la malattia, l’hanno operata prima per una cisti, poi per una stenosi al canale vertebrale – dice Antonio -, due interventi inutili, mia moglie aveva la Sla che gli è stata diagnosticata al Pellegrini». Stefania Bottone, 25 anni, con la mamma assiste il padre Vincenzo, ex ristoratore, costretto dalla malattia ad abbandonare tutto. «Si è ammalato 15 anni fa, a 40 anni – racconta – è stato salvato dai medici dell’ospedale della Pignasecca dove è stato in coma per due mesi. Per noi l’assistenza dell’Adoti è fondamentale, anche per le emergenze. Ci è capitato di chiamare il 118 per un’insufficienza respiratoria, non sapevano cosa fare. I soccorritori sono stati costretti ad andare a prendere a casa uno dei medici del Pellegrini. Mio padre ha una forza incredibile, vuole vivere, ma gli devono dare questa possibilità. Non possono fermare l’assistenza». Anche Giuseppe Olivetta deve molto al centro guidato dal professor Antonio Macarone Palmieri. All’inizio hanno tentato di curare la moglie Mariarosaria per malattie che non aveva, prima a Milano, poi a Pescopagano, qualcuno, addirittura, ha provato con l’agopuntura. Alla fine al Policlinico di Napoli le hanno detto che aveva la Sla. Anche lei è immobile nel letto. Ma vive a casa, perché, ancora per poco c’è chi le dà questa possibilità. Le spese per la famiglia sono enormi: 4 infermiere, una cameriera, 5-6mila euro al mese. Ma è il costo per una vita migliore, nella propria casa e non sepolti vivi nella stanza asettica di un ospedale. Per questi ammalati la vita è una scommessa, ogni giorno. E un ambiente umano è l’unica possibilità per dare loro la forza necessaria. Perché c’è anche chi, come Annamaria Naldi, vuole morire e quando poteva ancora muovere il braccio tentava di staccare i tubi che la collegano alle macchine. «Per noi è un sacrificio e una fatica enorme l’assistenza – dice la figlia Laura Urso – Ma lo facciamo volentieri perché sappiamo che per loro il reparto di Rianimazione sarebbe la morte».

pubblicato sul Roma del 9 febbraio 2012

Coppa America, ecco come sarà la nuova scogliera

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È un sabato insolito nel palazzo del Provveditorato per i lavori pubblici in via Marchese Campodisala. Gli uffici non sono chiusi, la sala del parlamentino al piano terra è già affollata dalle 10. È il termine ultimo per la consegna delle offerte per la realizzazione delle opere dell’America’s Cup. Ci sono due gare. La prima, quella per la scelta del coordinatore dei lavori in fase esecutiva, è vinta dall’architetto Giancarlo Battista, napoletano, che se l’è aggiudicata con un ribasso del 62,85%. Per i 45 giorni dei lavori porterà a casa circa 20mila euro. La seconda è quella per l’allungamento della scogliera della Rotonda Diaz. L’appalto è di poco più di due milioni di euro, si gioca al ribasso, col metodo del taglio delle ali (il numero che più si avvicina alla media tra l’offerta più alta e quella più bassa). Le proposte sul tavolo della commissione sono 31, ci sono imprese da tutta Italia, alcune molto grandi come la Sales di Roma, il Consorzio stabile grandi opere di Civitavecchia. Dopo otto ore di lavoro viene selezionata l’offerta dell’impresa Arena Fortunato Srl di Villa San Giovanni, in provincia di Reggio Calabria, con un ribasso del 31,827%. Insomma, la spesa sarà poco superiore a 1,4 milioni di euro, Iva esclusa. Più di mezzo milione risparmiato.
Per i controlli sulle aziende il provveditore Giovanni Guglielmi ha chiesto una task force tra Agenzia delle Entrate, Camera di Commercio e Ministero della Giustizia. È stato firmato un protocollo di legalità per prevenire tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata. Se tutto fila liscio, domani verranno consegnate le aree dei lavori. Saranno anche spostati i quattro chioschi che vendono taralli alla Rotonda Diaz. I fondali sono stati già controllati dai tecnici del Provveditorato e non sono stati rinvenuti né ordigni bellici né reperti archeologici. Per questo nel giro di una settimana comincerà il traffico dei camion sul lungomare. Per rendere tutto più facile ci sarà una corsia dedicata sul lungomare. In meno di 45 giorni dovranno trasportare 2.500 tonnellate di massi al giorno. Ogni mezzo, per legge, ne potrà contenere al massimo 36, saranno, quindi circa una settantina i mezzi che quotidianamente attraverseranno la città. Le cave da dove arriveranno le pietre sono quelle del Casertano. «In situazioni normali per un lavoro di questo genere ci vogliono anche sei mesi», dice uno degli imprenditori che ha partecipato alla gara.
Si è giocato tutto sul filo, in tempi strettissimi, tutti sono rimasti con il fiato sospeso fino a ieri. Solo venerdì sera, infatti, è arrivato il decreto sindacale firmato da Luigi de Magistris che approvava quanto deciso nella conferenza dei servizi. Un documento senza il quale la gara non si sarebbe potuta fare. Adesso, per avviare la realizzazione della scogliera, manca ancora un documento: l’approvazione da parte della Sovrintendenza del progetto per la sicurezza degli elementi architettonici. Insomma, si dovrà garantire che scale, piattaforma e balaustre della Rotonda Diaz non verranno intaccate dai pesanti mezzi di trasporto.
Il progetto è stato approvato dal sovrintendente anche grazie alla documentazione fotografica prodotta dai progettisti del Provveditorato, con la quale si è dimostrato che non ci sarebbe stato un grande impatto ambientale ed architettonico. La scogliera sarà allungata a Sud di 85 metri e a Nord di 75 per permettere l’ormeggio delle imbarcazioni di gara.
Ma l’approvazione del piano è vincolata alla rimozione almeno della parte emergente della struttura. Per questo sono già previsti 750mila euro. In totale i fondi europei Por-Fesr messi a disposizione dalla Regione ammontano a 4 milioni di euro (il sindaco ha smorzato le polemiche sui fondi Ue dicendo che «le spese saranno bassissime e trasparenti e altissimi i benefici»). Parte della spesa, circa 150mila euro, è destinata anche agli studi meteomarini per verificare la possibilità di lasciare almeno la parte che si trova sotto il livello del mare della scogliera. Questo permetterà, nel tempo, il ripascimento della spiaggia.
(dal Roma del 5 febbraio 2012)